Istituto 4

La missione in America Latina


Rio de Janeiro – La statua del Cristo redentore

Cardinal Claudio Hummes francescano – Abbiamo bisogno di una chiesa indigena
Lavoro minorile: negata infanzia e istruzione (Vatican News)

Il Brasile e il Perù

Una particolare attenzione dobbiamo dedicare alla “missione in America Latina” giacché, come abbiamo detto, l’Istituto è oggi presente in Brasile ed in Perù dove le suore ritrovano ancora oggi molti aspetti sociali che richiamano la Sicilia degli anni in cui nacque l’Istituto. Dell’avvio di questa missione voluta fortemente da Florenzia, di come era il Brasile negli anni 50 quando quattro suore sbarcarono a Santos il 16 luglio 1953 e cominciarono la loro opera prima a Jatai nel Mato Grosso e quindi si spostarono a Cravinhos, ne parleremo altrove . Qui vogliamo dire come in più di cinquant’anni molte cose sono cambiate in questo continente e quindi in Brasile e Perù, sia nella società, sia nella Chiesa.

Nella società brasiliana si è passati da un governo dei militari, conclusosi nel 1985, che non fece riforme sociali ma di fatto alimentò l’ inflazione, l’indebitamento estero e la subordinazione ai capitali stranieri, mantenendo una sorta di semifeudalesimo nei rapporti sociali a un governo democratico affermatosi nel 2002 che sembra abbia scelto di non puntare a cambiamenti radicali del modello economico, ma a scommettere su un miglioramento generale delle aspettative con una caduta del grado di rischio del Paese, frenando l’inflazione e ricercando una ripresa dei ritmi di crescita più forti. 1

Oltre che nella politica e nell’economia, il Brasile, come il resto dell’America Latina, ha visto cambiamenti profondi anche nella Chiesa soprattutto dopo il Concilio Vaticano II e le Conferenze generali dell’episcopato latinoamericano di Medellin, Puebla e Santo Domingo come sostiene il card. Claudio Hummes1, arcivescovo di San Paolo del Brasil, uno dei più importanti leader di questa chiesa giovane e coraggiosa.

Diversi Paesi latinoamericani – affermava il porporato in una intervista2 rilasciata nel 2002 – purtroppo attraversano una fase di grave instabilità economica. Anche in Brasile attualmente si assiste ad un progressivo deterioramento della situazione economica e sociale.

Tale crisi è dovuta fondamentalmente al sistema economico mondiale neoliberista che ancora non è riuscito a trovare le formule e gli strumenti per addomesticare e regolamentare l’indole selvaggia del capitale internazionale speculativo, in grado di provocare in tempi rapidissimi un devastante attacco alla moneta di Paesi di recente sviluppo o emergenti come il Brasile, e farli così sprofondare in una crisi economica e politica difficilmente reversibile.

Un’altra causa della crisi in Brasile è certamente la portata del debito pubblico interno ed estero, che, secondo alcuni studiosi internazionali, a mio avviso forse troppo allarmisti, potrebbe comportare il rischio che il Brasile diventi insolvente”.

All’intervistatore che gli chiede quali siano, a suo avviso le cause delle gravi ingiustizie sociali l’Arcivescovo risponde che esse sono, innanzitutto, storiche, e risalgono all’epoca coloniale.

“A queste oggi – continua – se ne aggiungono molte altre. Una è, senza dubbio, la mancanza di una scolarizzazione ampia e profonda della popolazione. Senza un sufficiente livello di istruzione non si esce dal sottosviluppo e dalla sudditanza nei confronti dell’élite economica….L’enorme attuale crisi dell’occupazione in Brasile, riflesso anche della disoccupazione provocata a livello mondiale dall’economia neoliberista, rende infine ancora più difficile modificare l’iniqua distribuzione del reddito nel nostro Paese”.

La disoccupazione ma anche la miseria. “Accanto alla disoccupazione, lo sfruttamento del lavoratore continua ad essere uno dei fattori principali della povertà e della miseria. La città di San Paolo è un’immagine viva e concreta di questa ingiusta distribuzione del reddito, poiché in essa coesiste una straordinaria accumulazione di ricchezza accanto a milioni di “favelados”, di miserabili lasciati fuori dal sistema economico”.

1Il card. Claudio Hummes, francescano, figlio di emigranti tedeschi, prima di divenire arcivescovo di san Paolo fu vescovo diocesano di Stato André, una diocesi limitrofa, che rappresenta il più grande polo industriale dello Stato di san Paolo. Durante quegli anni ha difeso le lotte degli operai rivestendo anche la carica di assistente nazionale della pastorale operaia.

2“ La carità è la cosa più importante”, a cura di Stefania Falasca, in “30 giorni”, luglio /agosto, 2002.

1Jaime Cesar Coelho, La sinistra, il nuovo governo e i movimenti sociali: la speranza brasiliana, in www.proteo.rdbcub.it .