Come nasce la vocazione

La Fondatrice: Florenzia, una santa per l’accoglienza degli ultimi


Lipari da Pirrera nell’800

Nell’800 Lipari e le Eolie sono poco abitate e con una aconomia totalmente contadina.

Ma al di là del nome oggi Pirrera ed ancora di più di 150 anni fa è, rispetto a Lipari ed alle Eolie in genere, un luogo tranquillo dal punto dei fenomeni naturali, non solo ma anche rispetto alle vicende umane e sociali, a cominciare dalla colonia coatta alloggiata nel Castello greco-normanno Ma anche i problemi legati alle vicende civiche e religiose non erano da poco giacché le Eolie sono state a lungo sotto il governo dei vescovi con tensioni col governo della Sicilia legate alla Legazia apostolica che era in vigore per tutta la Sicilia esclusa la Diocesi di Lipari. Problemi risalenti all’inizio del millennio ma con strascichi – a cominciare dai conflitti fra la guarnigione militare spagnola e molti nobili e proprietari terrieri da una parte e il Vescovo dall’altra, fino al tempo di Florenzia.


Città e campagna

Questo contrasto fra la vita che si conduceva nella città e nei nuclei più popolosi e la vita delle campagne umile ma serena e cadenzata dal ritmo delle stagioni, dovette influire con poco sulla adolescenza e la gioventù di Giovanna rendendola sensibile alla riflessione ed alla introspezione e quindi ai valori umani e spirituali.


Il corso di Lipari in una giornata di festa nell’800

A scuola

Giovanna non amava molto la scuola non solo per la fatica per raggiungerla e del fatto che a Lipari, con le sorelle, doveva sobbarcarsi la cura della casa, ma anche perché le cose che insegnavano non la interessavano molto. Va bene imparare a scrivere e a leggere, va bene imparare a fare di conto, ma tutte quelle poesie da studiare, quelle letture francamente irreali, quei problemi assurdi. Lei di interessi ne aveva tanti, ma non erano quelli che si affrontavano a scuola.Si stupiva di tutto quanto le accadeva intorno e lo stupore la portava a farsi delle domande. Nella natura ognuno faceva la sua parte senza stonare e non c’era bisogno che qualcuno intervenisse a richiamare chi se ne andava per i fatti propri. E Giovanna sapeva chi era a dirigere questo coro. Sapeva che era stato Dio a creare l’universo e a dare ad esso un ordine. Quando Giovanna pensava a Dio, lo vedeva come un signore molto lontano, là sulle nuvole. Più prossimi gli apparivano, invece, il suo figlio Gesù e la mamma di lui, la Madonna. Passava ore intere Giovanna a contemplare il quadro della Madonna degli angeli nella chiesetta di Pirrera e vi sarebbe rimasta anche più a lungo, se mamma Nunziata non l’avesse richiamata sgridandola, perché c’era tanto da fare in casa mentre lei spariva, spesso, quasi per una mezza giornata per correre, sosteneva mamma Nunziata “dietro alle tue fantasie”.

Ma Giovanna non correva dietro fantasie. Da qualche tempo aveva intuito che il silenzio era importante per capire la natura non solo, ma che soprattutto Gesù e la Madonna nel silenzio parlavano. Il silenzio, per lei, era ascolto. Ascolto di un altro che esisteva anche se non lo vedevi. Un altro che voleva parlarti, ma che tu non sentivi perché avevi la testa piena di troppi pensieri, di troppe cose, cose tue spesso futili. Un altro che tentava di parlarti, ma tu non stavi a sentire.

Così aveva cominciato a pensare che forse anche Gesù e la Madonna cercavano di parlare con gli uomini, ma gli uomini non li sentivano perché il loro orecchio non li percepiva.

Un giorno ne parlò al parroco.

“Potrebbe essere, – le rispose – anzi probabilmente è così. Di santi che sentivano la voce di Gesù e della Madonna ce ne sono diversi. Tu continua a parlare con Gesù e la Madonna e può darsi che un bel giorno essi ti rispondano. E poi, fra qualche mese, farai la prima comunione. In quell’occasione Gesù, comunque, parlerà al tuo cuore e forse… chissà, anche alle tue orecchie”.

E così Giovanna si mise ad aspettare il giorno della prima comunione. E quando questo arrivò c’era chi parlava dei regali, chi del pranzo che a casa avevano preparato, ma Giovanna pensava all’incontro con Gesù. Le avrebbe finalmente parlato? Avrebbe sentito la sua voce?

Don Peppino, alla predica, disse delle cose commoventi. Anzi, a un certo punto, le sembrò che si riferisse in particolare a lei quando soggiunse: “Parlate a Gesù e vedrete che egli vi risponderà”.

A Giovanna, Lipari non mancava. Si trovava bene nella quiete e nella tranquillità di Pirrera. Lipari voleva dire il frastuono di chi vanniava per le strade, i vicoli sempre sporchi e col rischio che, girando l’angolo, ti trovavi di fronte a un coatto ubriaco, le strade dove scorrazzavano bande di proietti,cioè di bambini senza famiglia a cui una volta – così raccontava la mamma – provvedeva in qualche modo il vescovo e, da quando c’era l’Unità d’Italia, non ci pensava più nessuno, e se ne andavano sporchi e seminudi in giro chiedendo l’elemosina.

Una volta aveva chiesto ad Assuntina, la sorella più grande, se erano questi i poveri. Sì, le aveva risposto la sorella, ma esistono poveri che conducono la loro vita con dignità e decoro e altri, invece, che si abbandonano al degrado e all’abbrutimento. Allora la povertà diventa miseria.

No, non era bello vivere a Lipari e, quando andavano a scuola, percorrevano le strade quasi di corsa da dove abitavano – n’tu strittu a Sena – fino alla scuola. E, una volta finite le lezioni, di nuovo a casa, sempre di corsa.