9.A Lipari nasce l’Istituto
10.Finalmente a Roma
La sede della Casa Generalizia
Florenzia era dal 1939 che pensava a Roma. Una casa a Roma, anzi la casa generalizia, voleva dire ancorare l’istituto – un istituto che sognava grande e fiorente – vicino al papa, al centro della cristianità. Ma per ben cinque anni aveva dovuto mordere il freno accontentandosi di potenziare la presenza in Sicilia e di mettere a punto la struttura giuridica e organizzativa.
Ma quando la guerra volge al termine, non vuole più indugiare oltre. Ha superato i 70 anni e i dolori ogni giorno le tormentano le gambe e le ginocchia, ma è determinata a compiere questo passo che giudica fondamentale.
Il viaggio fu una vera e propria passione. Le suore impiegarono per raggiungere Roma due giorni e due notti in un treno affollatissimo. Poi si continuò il viaggio su un carro tirato da buoi, un vero supplizio per Florenzia. Ma ella non si lamentava e accettava tutto con serenità.
La città era stata liberata già da un anno, ma portava ancora i segni drammatici della guerra e, in particolare, di quell’ultimo periodo in cui era sta dichiarata “città aperta”. Ma più che per i danni e le vittime da bombardamenti, Roma soffrì duramente per la fame e il terrore che i tedeschi avevano diffuso nella popolazione. Finita la guerra, la città faticava a ritrovare un proprio equilibrio. I problemi della fame, i problemi dell’abitare, i problemi dei trasporti, la disoccupazione… questa era la Roma in cui giungeva Florenzia in quel maggio del 1945 e nella quale veniva a portare il suo contributo, per quanto modesto fosse, al risanamento e alla ripresa.
Dal giorno dopo, Florenzia e le due suore si mettono all’opera per risolvere i due problemi per cui si sono trasferite nella capitale: aprire una casa in questa città e ottenere il riconoscimento pontificio affrancandosi dalla qualifica di “Istituto di diritto diocesano”.
Con l’aiuto di un frate che lavorava alla Congregazione dei Religiosi, in quindici giorni furono pronti tutti i documenti necessari corredati dalle lettere di lode dei vescovi delle diocesi dove avevano sede le case dell’istituto. Buone notizie anche dal fronte della ricerca dell’immobile. Dopo quasi un mese di ricerche, finalmente fu trovata una bella villa a Monte Mario, ubicata in una zona periferica a nord ovest, che era in pieno sviluppo con una proprietà molto estesa appartenente a un generale che aveva necessità urgente di vendere.
Prima di procedere all’acquisto del villino, bisognava, però, ottenere l’autorizzazione del Vicariato all’apertura della nuova casa. La risposta del cardinale vicario, anche se la richiesta era sostenuta dal superiore generale dei Frati Minori, è però negativa.
Ma Florenzia non si dà per vinta, lei sa che alla fine la risposta non può essere che positiva. Si ricorda che il provinciale siciliano dei Frati Minori di Sicilia e attuale cappellano dell’istituto, padre Pierantoni, le aveva detto di conoscere bene il cardinale vicario e pensa di ricorrere a lui.
– Padre, lei solo può aiutarci. Il cardinale vicario ci ha rifiutato l’autorizzazione ad aprire una nostra casa a Roma. E pensi che, malgrado le difficoltà, siamo riuscite a trovare una bella villa a Monte Mario. Mentre telefonavo qui in convento per avere il suo numero di Palermo, ci dissero che lei era già qui. Una fortunata coincidenza.
– Molto di più, Madre – risponde padre Pierantoni –. Pensi che io dovevo salire a Roma solo in ottobre. Poi ieri mi telefona un amico pilota dell’aereo di linea e mi dice che nel suo volo si è reso libero un posto. Se voglio approfittarne, è gratuito. E così in tutta fretta mi organizzo e decido di partire. È come se lei mi avesse chiamato.
– Forse non io, ma qualcuno l’ha chiamata, commenta Florenzia.
– Non si preoccupi, Madre, parlerò io al cardinale vicario, conclude il padre provinciale visibilmente commosso.
Passano due giorni e padre Pierantoni convoca Florenzia perché ha ottenuto il permesso.
Mancano meno di quattro giorni per effettuare l’acquisto. Il proprietario della villa, infatti, aveva fretta. Le sue condizioni di salute, a causa delle torture subìte dai tedeschi nei giorni in cui spadroneggiavano a Roma, peggioravano di giorno in giorno e lui voleva concludere in fretta questa transazione, perché era subissato dai debiti e non voleva lasciare nei guai la famiglia e i figli che erano ancora minorenni. Per di più aveva una tratta da pagare che scadeva proprio fra quattro giorni..
Ma come procurarsi i fondi necessari in soli quattro giorni?. E così Florenzia si mette al telefono. Tutto va secondo le più rosee speranze.
– Io vado dal notaio. L’appuntamento per l’atto è fissato per le 12 per dare il tempo ai venditori di pagare entro le 14 la loro cambiale, altrimenti ipotecano la villa e poi mi hanno detto che il generale può morire da un momento all’altro. Voi, suor Pia e suor Concettina, vi recherete in Vicariato a ritirate il permesso.
Dal notaio, intanto, si vivono momenti di tensione. Il procuratore e il giovane figlio del generale erano impazienti e continuavano a guardare l’orologio. Alle 13 finalmente arriva la tanto attesa autorizzazione e l’atto può subito stipularsi. Appena in tempo. Proprio nel momento in cui furono apposte le firme si sentì bussare alla porta. Portavano la notizia che il povero generale era morto.
Lo stesso giorno le tre suore presero possesso della villa, dichiarata libera nell’atto di vendita.
Lo sforzo fatto per racimolare la somma per l’acquisto aveva esaurito la cassa generalizia.
Considerando la situazione, Florenzia ripeteva: “Ringraziamo Gesù Bambino e la Madonna poverella che ci vogliono associare alla loro estrema povertà del presepe di Betlemme”. Poco per volta la casa fu arredata dello stretto necessario. Il guaio più grande fu che non bastarono pochi giorni a liberare la villa, ma si dovette pazientare e fare le pratiche per la sistemazione di tre famiglie che era impensabile potessero convivere con le suore.
Ora c’era spazio sufficiente e si poteva pensare a organizzare delle opere di bene. Si pensò subito a un preventorio antitubercolare: una struttura importante, visto la situazione sociale e sanitaria della periferia romana. Ma i costi di ristrutturazione per una tale impresa erano troppo alti e si dovette rinunciare.
– Pazienza – disse madre Florenzia –, faremo i lavori strettamente necessari e lasceremo la casa come si trova, senza grandi modifiche e ristrutturazioni. Svolgeremo un’opera umanitaria meno impegnativa, quella che vorrà il Signore.
Intanto, si scelse la stanza per la cappella, che nella spiritualità di Florenzia rappresentava il cuore dell’istituto, e iniziarono i lavori.
L’opera umanitaria che prese il via fu quella più tipica nell’esperienza dell’istituto fin dai primi tempi di Lipari: un orfanotrofio, visto che a Roma, nel dopoguerra, vi erano diversi casi di bimbi orfani, abbandonati, bisognosi di assistenza.
E, così il primo novembre 1945, quarant’anni dopo la fondazione dell’istituto a Lipari, cominciò anche a Roma quell’opera assistenziale con i bambini che si sarebbe sviluppata in futuro.
Ormai Florenzia risiedeva pressoché stabilmente nella casa di Roma per seguire direttamente la pratica dell’approvazione delle Costituzioni da parte della Santa Sede, anche se, nonostante l’età avanzata, non trascurava di visitare, di tanto in tanto, le case della Sicilia e specialmente Acireale.
La tanta attesa approvazione delle Costituzioni arriva il 25 aprile 1949 e, come è prassi, è un’approvazione ad experimentum per sette anni. Con il riconoscimento delle Costituzioni arriva anche il decreto della Congregazione dei Religiosi, con cui il Santo Padre Pio XII dichiara l’istituto di diritto pontificio sotto il nome ufficiale di Istituto delle Suore Francescane dell’Immacolata Concezione di Lipari.
E siccome le buone notizie qualche volta richiamano altre buone notizie, soprattutto quando gli obiettivi sono stati perseguiti con tenacia e impegno, il 9 giugno 1949 viene pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica del 21 aprile, n. 270, che riconosce la personalità giuridica all’Istituto delle Suore Francescane dell’Immacolata Concezione di Lipari con sede a Roma. Con questo atto l’Istituto può, finalmente, intestarsi il proprio patrimonio: Un patrimonio che ormai risultava formato da diversi immobili a Roma, Lipari, Canneto di Lipari, Acireale.