4.Povertà e miseria
5.Giovanna prende coscienza della propria vocazione
La ragazza che risvegliò l’aurora
Fu in quel periodo che Giovanna colse una preghiera a Sant’Antonio di Mamma Nunziata che faceva voto che i suoi figli non si sarebbero mai sposati se lui li avesse protetti dalla miseria che, con la malattia del padre, ormai incombeva sulla famiglia.
Quella notte non riuscì a chiudere occhio. Aveva già 17 anni e si sentiva matura per compiere una scelta di vita. Da tempo andava riflettendo che la sua vocazione era quella di dedicarsi alla preghiera e di mettersi al servizio degli altri, i più poveri, i miserabili.
Da qualche tempo, a Lipari erano arrivate le Suore di Carità, che erano andate a stare nella casa vicina al Palazzo vescovile e si dedicavano alla scuola delle ragazze delle famiglie borghesi. La loro vita in comunità, fatta di preghiera e di lavoro, l’attirava, anche se pensava che erano altri, le ragazze e i bambini, di cui bisognava prendersi cura.
Ma non c’erano solo le suore di Lipari. Conventi di suore ce n’erano anche a Milazzo e a Messina.
Ma come parlare ora alla mamma di questo proposito? Ora che l’aveva colta in un momento di preghiera, ma anche di forte preoccupazione. Sapeva che cosa le avrebbe risposto. “La prima cura deve essere verso la propria famiglia”.
Così la mattina dopo era andata, come ogni mattina, in chiesa alla messa con Angelina e Nunziata e, dinanzi alla statua della Madonna, aveva fatto una promessa solenne.
“Madonna mia, io vorrei farmi suora, perché ho capito che questa è la mia vocazione. Ma oggi non posso lasciare la mia famiglia che ha già tanti problemi. Per questo mi impegno a vivere come se fossi una vera suora. Vivrò il mio tempo fra la casa e la chiesa; sarò riservata nei rapporti con gli altri; niente più feste in casa degli amici, niente serate spensierate dedicate ai canti ed alle danze. In casa mi occuperò dei fratellini più piccoli; mi occuperò di papà Peppe, che ormai sta sempre più frequentemente a letto perché i dolori non lo lasciano più”.
Quando uscì dalla chiesa, la luce del mattino aveva già arrossato l’orizzonte. Giovanna si fermò a guardare lo spettacolo della natura, e sentì dentro di sé crescere un senso di pienezza e di gioia. Improvvisamente le vennero in mente i versi di un salmo che aveva ascoltato in chiesa qualche settimana prima: “Svegliati, mio cuore, svegliatevi, arpe e cetra, voglio svegliare l’aurora”. Ecco le sembrava che questa pace e questa gioia che sentiva dentro ora si comunicava a tutto il creato.
Quando furono in vista della casa, Giovanna disse alle sorelle: “Stamattina ho promesso alla Madonna che mi farò suora e che questa è la mia vocazione. So che oggi non è possibile per i motivi che sappiamo, ma ho promesso che vivrò come una suora. Vi chiedo di aiutarmi in questa mia decisione e, se volete, parlatene alla mamma”.
Passarono, così, altri cinque anni fino a quel drammatico Natale del 1895, quando papà Peppe non si alzò nemmeno dal letto perché gli mancavano le forze e i dolori gli maceravano le carni. Alla vigilia era venuto il medico a visitarlo e aveva scosso la testa lasciando capire che non ne aveva ancora per molto.
Era stato un triste Natale quello. La mamma era rimasta a casa a vegliare papà Peppe. Sarebbe andata a messa l’indomani mattina, quando al capezzale del malato sarebbe rimasta Giovanna. Erano cinque anni che Giovanna praticamente non si muoveva dal letto del padre,
Nei primi tempi, la mamma non voleva che Giovanna si occupasse anche di tutte le incombenze che riguardavano il malato. Riteneva che dovesse essere lei sola a occuparsi del corpo del marito, di lavarlo, cambiarlo, medicarlo Ma un giorno la giovane reagì con una durezza che lasciò Nunziata sconcertata.
“Perdonami mamma, ma non sono più una ragazza. Si è deciso che rimanessi in casa per prendermi cura di papà ed intendo farlo sino in fondo. Se fossi una suora e dovessi accudire dei malati in ospedale, credi che qualcuno si farebbe questi scrupoli? Pensa a me come se fossi una suora che fa il suo lavoro di infermiera”.
Peppe Profilio muore così a 64 anni, lasciando la famiglia affranta e con un avvenire nero di fronte. Una sera di febbraio, finita la recita del rosario, mamma Nunziata dice ai figli che deve parlare loro seriamente.
“Ci sono rimasti – esordisce – solo gli occhi per piangere, ma il Signore non ci abbandonerà e quell’anima santa di vostro padre, che sicuramente è in cielo, pregherà per noi. Anch’io in queste settimane ho pregato e ho pensato molto, e ho preso una decisione che va bene per tutti.
Voi sapete che ho un fratello in America, a New York, che ha fatto un po’ di fortuna e se la passa abbastanza bene. Ci siamo scritti ed è stato lui a propormi di partire, al più presto, tutti per gli Stati Uniti. Penserà lui alle pratiche e ai soldi del viaggio, come anche alla casa in America. Poi, con calma gli restituiremo tutto col nostro lavoro”.
I figli avevano ascoltato tutti in silenzio e, terminato la mamma, nessuno parlò, perché le sue decisioni erano legge e non si discutevano. Improvvisamente, nel silenzio generale, Giovanna, che aveva compiuto ormai 22 anni, prende il coraggio a quattro mani e interviene.
“Mamma, voi sapete che da sempre io ho questo desiderio di farmi suora e voi mi avete sempre detto che non era il momento. Ed avevate ragione, perché con tutte le preoccupazioni che ci dava la malattia di papà non potevamo mettere un altro problema ed un altro carico sulla famiglia per pensare alla mia dote. Ma ora papà non c’è più e voi partite per l’America, mentre Nino rimane qui a finire il seminario. Perché non posso rimanere anch’io e farmi suora?”.
“La famiglia deve rimanere unita per superare questo difficile momento. Nino è ormai in seminario e sarebbe un peccato distoglierlo dalla sua strada. Noi, invece, dobbiamo lavorare per compensare lo zio dei soldi che ci anticipa e farci una posizione in questo nuovo paese ed aiutare da lì – se ce ne fosse bisogno – anche Nino”.