La Fondatrice

La fondatrice: Florenzia, una santa per l’accoglienza degli ultimi

Da Giovanna a Florenzia

Florenzia, al secolo Giovanna Profilio, nasce a Pirrera, una contrada contadina dell’isola di Lipari, all’alba del 39 dicembre 1873 e sul finire di quest’anno saranno 150 anni che la sua vita fa da riferimento umano e spirituale a quanti hanno avuto modo di conoscerla.

Questo contrasto fra la vita che si conduceva nella città e nei nuclei più popolosi e la vita delle campagne umile ma serena e cadenzata dal ritmo delle stagioni, dovette influire con poco sulla adolescenza e la gioventù di Giovanna rendendola sensibile alla riflessione ed alla introspezione e quindi ai valori umani e spirituali.

Si stupiva di tutto quanto le accadeva intorno e lo stupore la portava a farsi delle domande. Nella natura ognuno faceva la sua parte senza stonare e non c’era bisogno che qualcuno intervenisse a richiamare chi se ne andava per i fatti propri. E Giovanna sapeva chi era a dirigere questo coro.

A cominciare dal 1885, quando Giovanna aveva già 12 anni, papà era peggiorato. Giovanna era ora una signorina e queste cose le capiva. Sapeva che la malattia del padre, che lo costringeva sempre più a lungo a letto e quasi non andava nemmeno più nei campi a zappare, a potare, a badare alle viti e agli alberi, voleva dire che stavano diventando poveri.

Fu in quel periodo che Giovanna colse una preghiera a Sant’Antonio di Mamma Nunziata che faceva voto che i suoi figli non si sarebbero mai sposati se lui li avesse protetti dalla miseria che, con la malattia del padre, ormai incombeva sulla famiglia. Quella notte non riuscì a chiudere occhio. Aveva già 17 anni e si sentiva matura per compiere una scelta di vita.

La traversata non fu per niente piacevole. Il primo colpo al cuore Giovanna lo ricevette quando furono a bordo della nave: i grandi cameroni con i letti a castello su cui era gettato un sacco-materasso imbottito di paglia, nelle condizioni igieniche più incredibili. Se le premesse erano avvilenti, il viaggio si rivelò addirittura drammatico.

E così, la mattina del 22 gennaio 1898, Giovanna uscì di casa alla solita ora, lasciando credere che sarebbe prima andata a messa e poi al lavoro. In chiesa quella mattina c’erano due suore ad aspettarla e l’accompagnarono alla stazione ferroviaria dove prese il treno per Allegany. Qui avrebbe fatto il noviziato per divenire suora.

A Sant’Antonio, padre Daniele una mattina chiede a Florenzia di fermarsi dopo la celebrazione della messa perché deve parlarle. – La Custodia dell’Immacolata sta organizzando un gruppo di una decina di suore italiane per andare a Pittsburgh nella parrocchia Nostra Signora dell’Ausilio dei Cristiani

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Qualche tempo dopo il Delegato apostolico mons. Falconio manda a chiamare Florenzia e l’accoglie affabilmente.“Mi ha scritto il vostro vescovo di Lipari che vi vuole lì. Io non trovo nulla in contrario. Vi metterete sotto la sua direzione. Per ora state nell’istituto e aspettate la mia obbedienza per partire”.

Florenzia era dal 1939 che pensava a Roma. Una casa a Roma, anzi la casa generalizia, voleva dire ancorare l’istituto – un istituto che sognava grande e fiorente – vicino al papa, al centro della cristianità. Ma per ben cinque anni aveva dovuto mordere il freno.

Florenzia aveva sempre desiderato che la sua congregazione avesse un respiro missionario. Già nel 1905 al tempo della fondazione aveva pensato di qualificare in questo senso il suo progettoe, nel 1937, aveva scritto al vescovo di Acireale per conoscere le pratiche da compiere per aprire una casa in Africa orientale, ma il proposito non ebbe seguito.

Quella del martedì, 21 febbraio 1956, fu la giornata fatidica. Pioveva e vi era umido e freddo. La mattina Florenzia non se la sentì di alzarsi per sedersi sulla sua poltrona come faceva sempre, ma rimase a letto. Questo fu il segnale che soffriva molto e le forze la sorreggevano sempre meno